Testi critici

Antonella Iris de Pascale
Finestre aperte sul femminile

Viaggio e Identità sono le due parole chiave per addentrarsi nel mondo visivo di Antonella Iris de Pascale, due temi che poi si fondono in un unico nocciolo saldo di decorativismo unito a surrealismo onirico.

Una finestra aperta sul mondo, alla Henri Matisse, racchiude il senso di quello che i quadri dell’artista vogliono ‘aprire’: una “vista” da un interno a un esterno, che sia un luogo fisico o dell’anima, tutto da esplorare.

Matisse creava evasioni decorative, con colori selvaggi, primitivi, rivoluzionari, in spazi spesso bidimensionali o piatti, in cui il colore creava spazio e punti di fuga. I quadri di Iris de Pascale sono mondi aperti su qualcosa che non conosciamo, di noi o del mondo. Il colore non è fine a se stesso, decoro da ‘arte per l’arte’, ma un colore strumentale a questo viaggio in cui ci si avventura, colori fra “astrazione ed empatia”.

A differenza dello stile fauve di Matisse, infatti, i suoi quadri attraversano uno spazio onirico che viene dai mondi esoterici e misteriosi di Paul Klee e di Marc Chagall, in cui il colore è sempre protagonista, come in Matisse,  ma in questi colori  un significato ‘altro’ (rispetto a quello fisico, tangibile, materiale) è dietro la finestra, o nell’ aria, in creature volanti senza peso e senza posa, volteggianti in spazi paralleli, sovrapposti, perfettamente incastrati nel mondo fisico in cui si vive, si cammina, si viaggia.

E’ interessante conoscere il lungo lavoro nel mondo del tessuto che l’artista ha svolto nella sua prima vita, prima di passare alla fotografia e alla tela: i tessuti fiorentini pregiati e ricamati a mano stanno all’arte di Iris come i tessuti dell’industria di famiglia stanno all’arte matissiana, ancora una volta in un parallelo sorprendente di talento  artistico scoperto in seconda battuta nella vita; i volumi, i riflessi, la preziosità delle stoffe si traducono in un’attenzione vitalistica per tutto ciò che è luce, cromatismo, divisione di spazi visionari.

In quadri come La ballerina e le tre porte , Il grande viaggio : trasformazioni, Frammenti di me a Tangeri , I musicanti di Chefchaouen il tema del viaggio è predominante:  come memoria di cose viste, fra colori che incendiano la tela e fotografie sgranate su cui dipingere i propri sogni di viaggiatori; come esplorazione di usi, costumi, pensieri altri da noi; come presenza di mondi paralleli, esoterici, misteriosi, un po’ come nel testo ‘Lo spirituale nell’arte’ di Kandinskj, in cui colori e forme simboleggiano emozioni e sensazioni, anche musicali, dell’anima.

Il viaggio riconduce al tema dell’Identità, che con sguardo femminile scava oltre la superficie, cerca presenze arcane, misteriose, sognanti, alberi animati, donne volanti, come figure di uno Chagall contemporaneo alla ricerca di ciò che di invisibile si apre al nostro sguardo.

In Ritratto di donna negata, il volto celato dell’esotica protagonista rimanda alla necessità di rispettare i diritti delle donne, ma anche alla bellezza fiammeggiante delle culture diverse e si ricollega però anche, in fondo, ad ogni donna, di ogni Paese, di ogni cultura, che si cela il viso dietro uno splendido abito, con ricami arabescati sulle mani, alla ricerca del proprio volto autentico, un volto interiore, quello libero di cantare, di esprimersi, di esserci.

C’è un rimando a Shirin Neshat, come immersa in colori fauve e in un Surrealismo esplicito, espresso nelle figure volanti e appiattite che danzano sul velo arancio. Sono figure eteree, come divinità egiziane bidimensionali e regali, chiavi per mondi diafani, non più fisici, ma metafisici: Anime.

Il viaggio (verso terre esotiche, come il Marocco, l’Andalusia) si intreccia all’ Identità in modo indissolubile, sono uno il proseguimento dell’altra, come le perle di una collana, in un intreccio estetico-tematico senza soluzione di continuità.

L’artista afferma di avere quattro tipi di ricerca rispetto al quadro: la ricerca dell’occhio che vede e fotografa, la ricerca della composizione fotografica, la ricerca del nuovo quadro con l’intervento pittorico sulla base fotografica e la ricerca, importantissima, dell’emozione-percezione vissuta in quel luogo.

Un quadro di Iris de Pascale è un universo, brulicante di diversi piani spaziali, ottenuti con zone spartiacque, create da decori che sono come ceselli (ceramiche maiolicate, ventagli di tessuto, damaschi), esuberante di colore, che crea orizzonti perduti o in cui perdersi, di bellezza universale, di Identità nel senso latino di essere uguali a sé, scoprire il proprio sé autentico, attraverso l’esplorazione di bellezza e cultura.

C’è il viaggio verso terre lontane che riportano a casa scoprendo sé stessi attraverso il confronto, attraverso il cibo, il colore, l’odore, il suono, la danza. E’ un universo esplosivo di vita che ricorda una poesia di Yeats dedicata al viaggio e al ritrovarsi al di là del tempo che è, non a caso, “Salpando verso Bisanzio”: parla di un corpo umano che esce dalla natura, dopo il lungo viaggio, e ritrova un corpo quasi come una pietra preziosa cesellata, dai colori cangianti, in una dimensione immateriale, onirica, al di là del tempo e della preoccupazione del futuro. Un ‘esserci’ dinamico, ipnotico, evolutivo.

 

 

“Una volta fuori dalla natura non prenderò mai più
La mia forma corporea da una qualsiasi cosa naturale,
Ma una forma quale creano gli orefici greci
Di oro battuto e di foglia d’oro
Per tener desto un Imperatore sonnolento;
Oppure posato su un ramo dorato a cantare
Ai signori e alle dame di Bisanzio
Di ciò che è passato, che passa, o che sarà”.

Roberta Guiducci
Storica dell’arte e consulente d’arte, www.thearttime

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