“Trasformazioni in Viaggio”Forte dei Marmi, 26 giugno 2021. Museo “Ugo Guidi”. Estratto dalla presentazione della mostra personale di Antonella Iris de Pascale “Trasformazioni in Viaggio”

“Trasformazioni in Viaggio”

 

Il pandemonio scatenato nel 2020 dalla “Pandemia”, o “Covid 19”, aveva bloccato questa personale presso il Museo “Ugo Guidi”, come la presentazione del catalogo/documento.

Finalmente, sperando che anche la finestra dell’arte attuale si riapra ovunque, siamo qui – negli spazi dedicati alla personalità di un grande e indimenticabile artista che è già entrato nella storia del Novecento, Ugo Guidi – accanto ad Antonella Iris de  Pascale, fiorentina di nascita.

Mi preme, innanzi tutto, evidenziare che questo suo viaggio grafico/pittorico, composto peraltro dall’incisività di certi suoi scritti, altro non è che che la continuazione di quell’attivo, attivissimo, “ponte d’arte” che s’è stabilito da sempre tra il territorio fiorentino e quello versiliese.

Ne fanno fede trascorse presenze non solo del divino Michelangelo Buonarroti, con il suo difficoltoso soggiorno, soprattutto dal 1518 al 1520, in quel di Pietrasanta, di Seravezza e di Stazzema, ma soprattutto nel passato recente e non, dell’inventore della tuta Ernestro Thayaht, di Pietro Annigoni, di Vinicio Berti, di Amedeo Lanci e di molti molti altri ancora.

Antonella Iris de Pascale fa dunque parte di un gruppo in cui armonia troviamo  artisti d’ogni mentalità, giornalisti e poeti, critici e storici dell’arte, molti dei quali rammentati nella grande mostra che il Museo “Ugo Guidi” organizzò nel 2014 in occasione del 100 anni dalla nascita, come Comune, di Forte dei Marmi.

Chi passa di qui, e chi vi dimora, lascia una traccia, una memoria concretizzata in questo catalogo dagli scritti di Marilena Cheli Tomei, di Roberto Guiducci ma pure dagli approfondimenti con cui l’artista ha voluto accompagnare i propri dipinti con la sensibilità e la professionalità che molti già conoscono e di conseguenza apprezzano.

E’ inutile ripetere quello che ho già scritto nel catalogo, o elencare le sue esperienze artistiche iniziate nel 1983, le pubblicazioni nelle quali è stata inserita, dico solo che è pure arteterapeuta ideatrice-formatrice, referente di progetti scolastici di didattica dell’arte e d’altro, e che da Giovanni Angelici a Carlo Franza, da Ernesto de Pascale a Furio Morucci, Jacopo Chiostri ed Emilia Santelia, per dire qualche nome a caso, la critica d’arte più seria s’è occupata di lei.

Per approfondimenti c’è questo catalogo, peraltro già acquisito e catalogato dalle Biblioteche Nazionali di Firenze, Milano, Cosenza, Potenza, Roma, Venezia, Napoli, e anche dalla Bibioteca Comunale “Lorenzo Quartieri” di Forte dei Marmi.

Credo che la sua scelta di unire l’attività pittorica a quella didattica, dia il senso di chi sia, vale a dire una personalità impegnata, complessa, per l’ampia visione che mai cade nel retorico.

Ha saputo interpretare gli accadimenti della propria vita e molti della collettività di cui fa parte.

Li ha perciò raccolti  in una sorta di diario per immagini: si tratta di pagine piene di emozioni, di riflessioni, cioè quei semi che ogni artista crea e getta a spaglio affinché crescano e producano frutti utili per chi li voglia e sappia cogliere.

Antonella Iris de Pascale, lo si può constatare da quanto è esposto in questa personale, come dall’intero cartaceo arricchito dalle traduzioni in lingua inglese di Laura Giovannelli, senza dimenticare l’apporto fotografico di Fiorenzo Giovannelli e Manrico Quinti, ha fatto da tempo precise scelte di vita.

Personalmente l’apprezzo anche per il fatto che si sia subito allontanata da quella mercificazione dell’arte che è un vero e proprio tumore maligno in questa nostra società in cui – mi si permetta dirlo senza entrare in polemica – certi mascherano la bruttezza facendola apparire bellezza, come afferma Vittorino Andreoli, là dove, ne’ “Il rumore delle parole” (Rizzoli, Milano 2019) scrive che “Siamo in un periodo di grande declassamento della percezione della bellezza”.

Non vado oltre, semmai penso che queste “Trasformazioni in Viaggio” oggi siano approdate – simile ad una Itaca, pensando a quella cantata da Konstantin Kavafis – in un  porto come non molti ce ne sono in giro, qual è il luogo dove ci troviamo.

Un luogo diviso in due parti: una con lavori legati alla realtà, e l’altra alla fantasia.

So che da questo porto Antonella Iris de Pascale partirà poi per altri lidi, per altre scoperte, per altri successi.

Qui ha lasciato già un segno, quello della presenza di un pubblico attento, che saprà sicuramente accogliere l’essenza poetica del suo viaggio.

Il ‘viaggio’, in lei, è infatti anche contatto espressivo con gli altri, concretato con l’essenza vitale del linguaggio dei suoi colori, che a gruppi o singolarmente stilano il racconto dei giorni.

Vi troviamo accenti di rinascita, magari un’Araba Fenice, la visione di una ballerina andausa col flamengo ad esprimere l’esigenza di sfogare gioie e dolori,divinità e realtà, e lui – i viaggio – è sempre lì.

L’accosto, un esempio che amo, al tratto magistralmente fissato da uno dei maggiori letterati del Novecento, Pasternàk, dove accarezza le ultime righe della lirica intitolata “Notte” con le seguenti parole: “Non dormire, non dormire, artista, / al sonno non ti abbandonare./ Sei ostaggio dell’eternità,/ prigioniero del tempo”.

Oggi, come nel passato, la società ha bisogno dell’arte, degli artisti d’ogni dimensione, prigionieri del tempo che donano la loro luce.

Questa personale si completa con altri momenti, quale la presentazione, in anteprima nazionale, del nuovo progetto “Ceramiche d’autore: “Dettaglio di Ritratto di donna negata” su la “Ceramica di Montefusco”.

La maiolica Montefuscana, di cui si possono trovare notizie ampie sul internet al sito “ceramichedi montefusco.it”, è tra le più antiche tradizioni di ceramiche della Campania, ed è completamente lavorata a mano, è di impostazione barocca con forti influssi arabo-islamici.

Oggi il laboratorio “Ceramica di Montefusco” si incontra con Antonella Iris de Pascale, con la quale condivide la passione per le culture mediterranee.

Le ceramiche diventano tele che ripropongono le sue suggestive immagini, costituendo allo stesso tempo preziosi oggetti di arredo.

 

Lodovico Gierut

Critico d’arte e giornalista